Questo è sicuramente un argomento su cui tutti i traduttori sarebbero concordi e sicuramente molti hanno scritto al riguardo, soprattutto perché tutt’oggi risulta ostico far comprendere alle persone non all’interno del settore i vantaggi che offre il servizio di un traduttore.
Vero che i sistemi online sono sempre più precisi, vero che google translate è gratuito, vero che le tariffe per il servizio di un esperto possono apparire alte, ma la domanda che ci si deve porre quando si contatta una persona del settore è cosa si vuole ottenere.
Altro punto da non dimenticare mai è che il lavoro del traduttore è pari a quello di un medico o un avvocato, non è un lavoro di livello inferiore e alle spalle ha ugualmente una lunga e sudata preparazione. Lo studio delle lingue presenta le stesse difficoltà degli esami di legge e anatomia.
Un buon traduttore non conosce solo la lingua ma anche la cultura e le usanze del paese da cui traduce ed è questo soprattutto che fa la differenza tra l’uso di un traduttore virtuale e della persona: l’essere umano interpreta e coglie quelle sfumature, modi di dire, usanze che per la macchina sono solo un insieme di parole in sequenza.
Un esempio pratico è la parola giapponese お疲れ様です (otsukaresamadesu)
È una parola di uso abbastanza recente in Giappone e ampiamente usata nei cotesti più disparati.
お è un prefisso onorifico
疲れる è il verbo che indica stanchezza
様 è un onorifico per indicare le persone, come il “sig.” italiano
です è la copula verbale.
Se andiamo a tradurre letteralmente la parola, viene un significato tipo “grazie per il grande sforzo che hai fatto” che è già una traduzione lontana da quella di Google.
Analizzando i contesti di uso, il termine viene usata nei modi più svariati:
1. incontro dopo il lavoro tra colleghi
2. incontro dopo il lavoro tra amici
3. incontro a fine o durante la giornata tra amici o parenti o conoscenti
4. incontro di prima mattina, ecc…
E’ chiaro come l’unico comun denominatore è l’incontro tra individui, in momenti diversi della giornata.
I punti 1 e 2 possono anche essere interpretati come un “grazie per il grande sforzo che hai fatto” anche se nel punto 2 sorge spontanea la domanda “perché qualcuno per cui non ho fatto nulla, mi ringrazia per lo sforzo lavorativo del giorno”; il punto 3 pone un altro interrogativo: perché una persona che mi incontra senza sapere cosa ho fatto durante la giornata, mi ringrazia per il grande sforzo che nella sua testa ho fatto, anche se ho passato tutto il giorno sul divano; il punto 4 diventa direttamente una forma alternativa di “buongiorno”.
Di esempi come questi se ne potrebbero fare tanti e non solo per il Giapponese, ma quello che era importante sottolineare, non è solo la traduzione sbagliata che un sistema informatico digitale fa già di una singola parola (pensate se viene chiesto di tradurre una frase!), ma soprattutto il fatto che una lingua è in primo luogo uno strumento di comunicazione tra essere umani, che non ragionano per compartimenti stagni e che sono mossi da sentimenti di svariato tipo, i quali portano a “giocare” con le parole o a creare nuovi usi di esse in base alla situazione e tutto questo, almeno per adesso, i sistemi informatici e digitali non sono ancora riusciti a comprenderlo.
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