Capita spesso di leggere un libro, un manga o un saggio e di ripensare alla lettura conclusa, riflettendo su quello che ci ha trasmesso, sui contenuti, su ciò che ha lasciato in noi, se ci ha in qualche modo arricchito.
Il più delle volte un argomento che si presenta spesso quando parliamo di un’opera è la tecnica di scrittura dell’artista: un buon scrittore riesce a catturare l’attenzione del lettore con contenuti interessanti e una scrittura fluida. Quante volte sarà capitato di dire o sentire da altri le parole “questo scrittore scrive proprio bene!” oppure “è una scrittura talmente scorrevole che non riesco a smettere di leggere…” e frasi simili a queste. Vero è che il contenuto gioca senz’altro un ruolo fondamentale e nel caso di manga e fumetti, imprescindibile è il rapporto disegno – trama, però non sono solo queste le caratteristiche che invogliano a leggere un testo, ma anche il modo di scrivere dell’autore.
Andando più in profondità nell’analizzare un’opera, mi riferisco solo a materiali tradotti e che quindi arrivano nelle mani del lettore dopo aver subito dei passaggi che hanno reso il prodotto fruibile al destinatario, si può notare quanto gli esempi sopra riportati celino qualcosa che dovrebbe essere ovvio, ma che invece di solito non lo è.
Io stessa, nel momento che ho cominciato a leggere manga e libri in Giapponese, ma soprattutto che mi sono avviata alla carriera del traduttore, mi sono imbattuta in questa verità quasi comica: nel momento in cui si acquisterà un prodotto tradotto, non avremo più davanti le parole autentiche dello scrittore, ma il loro contenuto veicolato dalle abili doti scrittorie del suo traduttore.
Di conseguenza il tanto amato modo di scrivere fluido, scorrevole, criptico, coinvolgente… dello scrittore, non sarà più quello originale dell’autore dell’opera, ma del suo traduttore, l’artigiano che ha plasmato nuovamente la materia per renderla accessibile al pubblico del paese di destinazione.
La figura del traduttore è quasi mistica, è un “deus ex machina” al pari dell’autore che nascosto dietro le quinte del “palcoscenico libro”, mette in scena opere i cui personaggi sono i veri protagonisti che affascinano il lettore. Il traduttore è un lavoro poco noto e purtroppo sottovalutato e il più delle volte mal retribuito (di questo però non parleremo nel seguente articolo), è una strada solitaria di ore passate a leggere seduti ad una scrivania a prendere appunti. a cercare di entrare a fondo nella mente dello scrittore e dei suoi personaggi, per poter riprodurre al meglio i modi di parlare, il carattere, le situazioni, quello che lo scrittore voleva trasmettere, attraverso la sua arte, ai suoi lettori. Per certi versi il traduttore è a sua volta uno scrittore e per soddisfare il fruitore, deve essere anche piuttosto bravo. Un buon traduttore è in grado di fare scelte che aiutino il lettore ad immedesimarsi nei personaggi, a farsi attrarre da loro, a provare emozioni durante la lettura e a farlo innamorare delle fatiche dello scrittore e se è veramente abile, riuscirà a convincere il suo pubblico a voler leggere ancora opere di questo autore.
E tutto questo lo fa stando nascosto nel suo studio, dietro ad uno schermo a digitare caratteri, ricevendo come premio per il suo duro lavoro un riconoscimento posto di solito in piccolo nel retrocopertina o in fondo al volume. Di solito di questo non si lamenta, perché lo appaga già il fatto che tante persone comprino il suo sforzo, lo apprezzino leggendolo e consigliandolo ad altri.
Oggi dopo aver letto questo articolo, forse qualcuno di voi quando prenderà in mano un nuovo libro o manga, andrà a cercare il nome di colui/ colei che ha permesso che anche voi foste in grado di leggere e apprezzare lo stesso autore e dopo averlo letto, magari, non direte più solo “Mi piace come scrive questo autore!” ma anche “mi piace come scrive questo traduttore!”
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